Introduciamo un argomento certamente complesso e vediamo perchè oggi ogni maker debba essere almeno informato dell’esistenza delle problematiche EMC e possibilmente essere al corrente dei principali temi e delle loro implicazioni pratiche.
La Compatibilità Elettromagnetica (nel seguito EMC, per ElectroMagnetic Compatibility) è un requisito di affidabilità con importanza crescente in tutti i settori, parallelamente alla maggiore pervasività di tecnologie elettroniche e wireless. EMC ha vari aspetti da considerare, tecnici, progettuali, costruttivi, commerciali ma anche legali. Anche il mondo Makers oggi se ne deve occupare, sviluppando come minimo una consapevolezza e conoscenza di base che consenta di evitare gli errori fondamentali e le loro spiacevoli conseguenze. La confidenza con EMC richiesta sarà certamente diversa se si sviluppano prodotti destinati alla vendita rispetto a sperimentazione senza sbocchi commerciali, come vedremo. Questo articolo definirà anzitutto cosa si intende per Compatibilità Elettromagnetica, ne introdurrà gli aspetti fondamentali, esplorando poi come EMC riguardi anche il mondo Maker, seguirà un’introduzione ad una elementare serie di precauzioni ed infine si concluderà con indicazioni per chi vuole approfondire.
Introduzione
Intendiamo con ‘Compatibilità Elettromagnetica’ la capacità di un apparato di funzionare correttamente in presenza di interferenze elettromagnetiche senza subire malfunzionamenti o danni ed, a sua volta, la capacità di operare senza perturbare l’ambiente, influenzando il normale svolgimento delle operazioni di altre apparecchiature. Con “apparato” si intende qui un circuito integrato, una scheda, un modulo elettronico o un prodotto completo, quale ne sia la complessità. Computer, automobili, aeroplani, elettrodomestici sono tutti descrivibili in questo contesto come “apparati” soggetti a problematiche EMC, quindi ai relativi tests. La definizione, ripresa dalle normative internazionali, introduce quindi le due aree principali di competenza di EMC, le Emissioni ElettroMagnetiche e l’Immunità ElettroMagnetica. E’ anche in uso il termine “Suscettibilità Elettromagnetica”, concetto duale di Immunità, che esprime l’attitudine di un apparato ad essere disturbato da interferenze, anziché a resistervi (immunità). In questo contesto definiamo “interferenze elettromagnetiche” tutte le tensioni, correnti, segnali, non strettamente necessari ad espletare le funzioni dell’apparato in esame. Alcuni esempi presentati nel seguito renderanno queste definizioni più comprensibili e familiari. Un insieme di normative nazionali ed internazionali si preoccupa di quantificare i livelli massimi di emissione tollerati ed i livelli di immunità per ogni campo applicativo (automotive, TV e radioricevitori, elettromedicali, elettrodomestici etc…). Esse descrivono in dettaglio anche le procedure di misura da impiegare nelle prove di compatibilità. I principali enti normatori sono CISPR, IEC, FCC. I documenti generati dagli enti normatori sono poi recepiti nella legislazione dei singoli stati. Se si superano i livelli definiti dalle normative è impossibile ottenere la certificazione di Compatibilità Elettromagnetica e di conseguenza non si può commercializzare il prodotto in certo paese o una certa regione del mondo. Ad esempio, per poter applicare al proprio prodotto il noto marchio CE (fig.1) il costruttore deve avere eseguito con esito positivo i test EMC previsti per la classe di prodotto che sta proponendo (computer, elettrodomestico, automobile o altro che sia). Quindi le normative recepite dalle leggi si traducono in obblighi per i costruttori di qualsiasi apparato elettronico. Le leggi possono anche definire comportamenti illeciti connessi all’uso di tecniche a radiofrequenza ed elettromagnetiche, ad esempio sanzionando l’interferenza con le comunicazioni radiotelevisive.
EMC è un campo complesso per varie ragioni. Fortemente basato sulla teoria classica dell’elettromagnetismo, si accompagna ad una descrizione matematica non banale. Le equazioni di Maxwell che esprimono le quattro leggi fondamentali sono eleganti e semplici nella forma ma richiedono conoscenze matematiche importanti. D’altra parte esse sono di scarsa utilità nella maggior parte dei casi pratici, richiedendo una descrizione accurata delle geometrie degli oggetti coinvolti e delle loro proprietà elettromagnetiche. Questo è possibile per geometrie semplici e materiali omogenei che evidentemente sono solo approssimazioni, nella realtà tecnologica. Si deve aggiungere che i fenomeni elettromagnetici sono fortemente dipendenti da parametri parassiti, quali induttanze e capacità distribuite. Si tratta di elementi non definiti in sede di progetto ma intrinsecamente presenti a causa del comportamento elettrico e magnetico della materia. Si pensi ad esempio a due qualsiasi superfici metalliche separate da un dielettrico. Sia voluto o no, questa struttura si comporterà come un condensatore. EMC è stata, a ragione, definita come l’ingegneria di tutto ciò che non c’è nello schema elettrico, immagine che rende bene l’idea. Ad aggravare le cose, si osservano spesso comportamenti contro-intuitivi. Aggiungendo un condensatore, possiamo in qualche caso assistere ad un incremento di emissione, invece della riduzione prevista. Questo deriva dal fatto che siamo in presenza di fenomeni spesso governati da leggi non lineari, situazione aggravata quando sia scarsa la comprensione del problema che si ha di fronte. Tentare di risolvere per tentativi, come è pratica diffusa, senza una analisi e comprensione della radice del problema può risultare un’esperienza molto frustrante e costosa. Le risonanze costituiscono un buon esempio di come le impedenze del sistema possano deviare dal profilo atteso in ristrette bande di frequenza. Se queste bande di frequenza ricevono energia ad esempio da un clock, potremmo assistere ad emissioni significative, spesso a frequenze multiple del clock stesso (armoniche). Le misure, strumento principe di analisi, richiedono a loro volta esperienza e strumentazione sofisticata, della quale brevemente accenneremo nel seguito. Know-how e solide conoscenze di base in vari campi sono necessarie all’esecuzione dei test, la corretta interpretazione dei risultati e, a monte, alla corretta progettazione delle apparecchiature. Tenendo presente quanto sopra, va detto che una comprensione dei principi base può aiutare ad evitare gli errori più grossolani, guidare nell’approfondimento della materia e nel chiedere supporto ad esperti qualora si renda necessario.
Introduzione ad alcuni concetti fondamentali in EMC
Un breve richiamo alla fisica di base è indispensabile per introdurre e sviluppare il tema, lasciando alla vasta letteratura disponibile la copertura formale e rigorosa della materia (vedi biografia al termine dell’articolo). Ricordiamo che ogni corrente elettrica variabile genera nello spazio circostante un campo magnetico ed un campo elettrico a loro volta variabili con frequenza uguale alla corrente generatrice. Propagandosi all’interno ed all’esterno di apparecchiature elettriche ed elettroniche questi campi possono a loro volta generare tensioni e correnti nei circuiti circostanti. Questo fenomeno è denominato accoppiamento in EMC. Vedremo in seguito che esistono 4 modalità di accoppiamento diverse. Le tensioni e correnti interferenti alterano le condizioni di lavoro dei circuiti in cui si sviluppano, con effetti più o meno gravi caso per caso. Quanto maggiori sono le correnti variabili in gioco e tanto maggiore la velocità di variazione (frequenza), maggiore è la capacità di interferenza creata. Questa è in estrema sintesi l’origine di ogni problema di interferenza elettromagnetica. Circuiti integrati, interruttori di potenza, alimentatori switching, contatti elettromeccanici sono facilmente sede di emissioni elettromagnetiche in quanto percorsi da correnti alternate o transitorie. Tipicamente EMC si occupa solo di campi variabili ma bisogna tenere presente almeno una eccezione. L’uso di bussole elettroniche può essere disturbato dalla presenza di campi magnetici costanti generati da correnti continue. Nelle applicazioni quali assistenza alla guida per robot mobili o simili occorre tenerlo presente.
Ogni problema EMC può essere scomposto in aggressore, percorso di accoppiamento e vittima, vedi fig. 2. L’aggressore è la sorgente del campo elettromagnetico incriminato. La vittima è il circuito dove si sviluppano per accoppiamento tensioni e correnti, causando potenziali malfunzionamenti (o danni fisici n casi estremi). La corretta assegnazione del ruolo aggressore/vittima ed il riconoscimento dei meccanismi di accoppiamento sono fondamentali per la prevenzione ed eventuale debug. La buona notizia è che grazie al cosiddetto “principio di reciprocità”, molte delle precauzioni prese per ridurre le emissioni rendono anche più robusto il nostro apparato verso interferenze. Ad esempio una cattiva antenna “funziona male” nel generare un’interferenza (emissione), cosi come nel ricevere dall’esterno.
Come abbiamo introdotto, sono considerate interferenze tutte le tensioni e frequenze variabili non strettamente necessarie all’espletamento delle funzionalità dell’apparecchiatura in esame. Dobbiamo quindi innanzitutto distinguere tra emissioni volontarie ed involontarie. Come esempio del primo caso consideriamo un trasmettitore RF. Chiaramente avremo una emissione di radiofrequenza significativa, funzionalità desiderata per l’apparato. Non è detto che questo non costituisca un problema di interferenza in qualche contesto ma se ne tiene conto nella progettazione, installazione ed uso, evitando o riducendo al minimo il disturbo di altre apparecchiature. In particolare, si curerà la banda di frequenza del segnale trasmesso, in modo che sia la minima necessaria ad una corretta codifica e trasmissione dell’informazione, evitando emissioni a frequenze “spurie”. Emissioni a frequenze diverse da quella di operazione, spurie, appunto, sono invece considerate involontarie e da contenere a livelli tali che non possano essere nocive per altri apparati.
Un altro concetto fondamentale da tenere presente è la distinzione tra interferenze radiate e condotte. Questo ha a che fare con il percorso di accoppiamento tra aggressore e vittima. Le interferenze radiate sono trasmesse nello spazio, tra circuiti che non hanno alcun contatto fisico tra loro. Viceversa le emissioni condotte sono propagate attraverso conduttori fisici, ad esempio la rete di distribuzione dell’energia elettrica. La distinzione ha sostanzialmente origini pratiche, più che teoriche. I principi fisici presenti nelle due situazioni sono esattamente gli stessi. Diverse invece sono i metodi di misura e le precauzioni da prendere, giustificando quindi la classificazione introdotta. Sono quattro i percorsi di accoppiamento possibili, conduttivo, capacitivo, induttivo e radiativo. Alcune figure possono aiutare nella identificazione dei diversi modi, vedi fig.3, 4, 5.
L’accoppiamento per conduzione si ha quando esistono conduttori comuni alla sorgente di interferenza e altri circuiti o apparati che ne diventano vittime. Tipicamente, come nella figura, questo si può presentare nel conduttore di massa. Interferenze generate da un apparato influiscono sull’altro e viceversa. Collegare alla medesima alimentazione motori pilotati in PWM ed il microcontrollore di controllo è un altro tipico esempio di una situazione di accoppiamento conduttivo. L’ accoppiamento capacitivo avviene attraverso le capacità parassite tra circuiti. Queste iniettano nel circuito vittima correnti proporzionali alla variazione di tensione presente nel circuito aggressore e sono efficaci su circuiti ad alta impedenza. Possiamo dire che in questo caso il campo elettrico aggressore investe in circuito vittima, iniettando una corrente interferente. L’accoppiamento induttivo avviene attraverso la mutua induttanza tra i circuiti. Questa inietta nel circuito vittima tensioni proporzionali alla variazione di corrente nel circuito aggressore, meccanismo particolarmente efficace su circuiti a bassa impedenza. In altre parole, il campo magnetico generato dall’aggressore investe il circuito vittima (si accoppia, appunto), iniettando una tensione interferente. Infine l’accoppiamento per irraggiamento vede un campo elettromagnetico esterno, anche con sorgente lontana, iniettare tensioni e correnti nel circuito vittima. E’ possibile nella realtà la coesistenza di più modi di accoppiamento, normalmente però uno di essi è prevalente sugli altri.
Occupiamoci ora degli aggressori veri e propri, i generatori di interferenze. Dobbiamo riconsiderare il modo in cui abbiamo studiato, misurato e rappresentato i segnali. Probabilmente tutti i lettori hanno familiarità con la rappresentazione nel dominio del tempo, ovvero un grafico che ha in asse Y le ampiezze (tensioni o correnti) ed in asse X il tempo. Questa è anche la rappresentazione che otteniamo con l’oscilloscopio. In EMC è invece più significativo rappresentare i segnali nel dominio della frequenza, un grafico che ha ancora in asse Y ampiezze di segnale ma in asse X la frequenza. Questa è la rappresentazione ottenibile con l’analizzatore di spettro, strumento mirabile certo meno comune dell’oscilloscopio. Il grafico di un segnale nel dominio della frequenza (chiamato “spettro”) mostra quali bande di frequenze sono occupate dal segnale sotto analisi. Il grafico mostra l’ampiezza del segnale non ad un certo istante di tempo ma ad una determinata frequenza. Mostra quindi le ampiezze delle armoniche che compongono il segnale stesso (composizione di segnali arbitrari come somma di sinusoidi di ampiezza e fase opportuna, secondo Fourier). Leggendo il grafico è quindi possibile identificare rischi di interferenza dovuti alla sovrapposizione del segnale con bande di frequenza occupate da un servizio, ad esempio la radio FM tra 88 e 108MHz. La fig. 7 rappresenta un segnale molto diffuso, il clock di un circuito digitale. La fig. 8 presenta invece lo spettro dello stesso segnale, con la corrispondente occupazione di banda in frequenza. L’occupazione di banda dipende dalla frequenza ma anche in modo determinante dai tempi di salita e discesa del segnale. Vediamo qui chiaramente come sia conveniente limitare i tempi di salita e discesa al minimo indispensabile ad una corretta funzionalità, evitando di occupare porzioni di spettro elettromagnetico non indispensabili.
La presenza di segnali a radiofrequenza o comunque variabili, non è di per se sufficiente a generare interferenze. E’ necessario che questi trovino un percorso di accoppiamento, tra i quattro descritti. Particolarmente interessante è il caso radiativo. Perché si riveli nocivo, deve esistere una struttura fisica in grado di comportarsi da antenna. La più semplice e generica definizione di antenna dice che due conduttori tra cui si stabilisca una tensione RF costituiscono un’antenna, più o meno efficiente . La massima efficienza si ottiene con lunghezze uguali a un quarto o metà lunghezza d’onda (λ/4 o λ/2). La relazione tra frequenza e lunghezza d’onda è mostrata in fig. 9 (Wavelength, lunghezza d’onda in inglese). E’ interessante notare come strutture niente affatto progettate per essere antenne si rivelino invece tali, ad una certa banda di frequenze. Difficilmente le antenne involontarie saranno buone sorgenti di radiazione, ma possono essere in grado di irradiare abbastanza da causare il fallimento delle prove di compatibilità, visti i limiti di emissione accettabili spesso severi.
Prima di proseguire è indispensabile un cenno alle misure e test EMC. Le emissioni radiate e condotte, sono misurate con strumenti che forniscono l’ampiezza del segnale elettrico (interferenza in questo caso) ad ogni frequenza di interesse. Gli spettri ottenuti, grafici di tutte le ampiezze in una certa banda di frequenza, sono poi confrontati con i grafici limite per determinare la conformità o meno ad una certa norma. L’immunità invece non può essere misurata direttamente da uno strumento. Si definiscono in questo caso uno o più criteri di fallimento, ad esempio l’assenza di reset in un’applicazione microcontrollore, si verifica poi che il criterio non sia mai verificato in un certo intervallo di frequenza applicando campi o interferenze di potenza nota e definita dalle norme di riferimento. Sia le misure che i test vanno eseguite in ambienti con caratteristiche elettromagnetiche controllate, in grado di schermare le radiazioni elettromagnetiche ambientali (camere elettromagneticamente anecoiche), oppure in siti aperti (OATS, Open Area Test Site ) comunque in grado di impedire riflessioni e distorsioni dei campi generati durante le prove. Le misure di emissione richiedono strumentazione complessa e costosa, Analizzatori di Spettro o EMI Receiver, una sorta di radioricevitore calibrato. Le misure di immunità richiedono generatori di segnali a larga bande ed amplificatori RF con caratteristiche note (potenza in uscita quasi costante su ampie gamme di frequenza). A seconda che si eseguano prove radiate o condotte, si avrà bisogno anche di antenne (di nuovo, calibrate, con risposta nota) o circuiti di stabilizzazione dell’impedenza di carico (LISN). Laboratori specializzati si occupano di eseguire conto terzi misure e test garantendo la corretta applicazione di varie normative e rilasciando un rapporto di prova che costituisce la documentazione valida a dimostrare la compatibilità elettromagnetica dell’apparato in esame e consentirne il commercio. Queste sono le prove “ufficiali” di conformità. Prove informali possono naturalmente essere eseguite nel laboratorio del costruttore durante lo sviluppo e prima delle prove formali. Si possono condurre “in casa” alcune prove comparative tra soluzioni diverse, ad esempio varie soluzioni di decoupling dei microprocessori. Anticipare invece i risultati delle prove formali e prevenire costosi fallimenti è cosa che richiede strumentazione ed esperienza.
EMC & Makers
Possiamo ora chiederci quando e come le attività makers possano andare incontro a problematiche EMC. Parliamo naturalmente di makers attivi in progetti prevalentemente elettronici. Dalle considerazioni fatte, possiamo dire che ci sono rischi EMC ogni volta che abbiamo a che fare con applicazioni sede di correnti/tensioni importanti, rapidamente variabili. Un’affermazione cosi generica porterebbe, non senza ragione, ad includere praticamente tutte le applicazioni con microcontrollori, Internet of Things, controllo motori, alimentatori switching. Certamente non sarebbe quindi male che ogni maker avesse una infarinatura di progettazione EMC, ad esempio ottenuta servendosi di alcune delle fonti citate nel prossimo paragrafo. In pratica possiamo distinguere almeno due classi di applicazioni. Possiamo considerare la prima classe a moderato/basso rischio EMC, supposto che si seguano i principi base di cui parleremo nel seguito. A questa classe appartengono le applicazioni alimentate da batteria con poche celle a bassa capacità. La ridotta potenza a disposizione di queste applicazioni riduce il rischio di generare interferenze significative. Alla classe rischio basso/moderato appartengono anche le apparecchiature ad Audio Frequenza, quelle non RF, non provviste di controllo motori, alimentate dalla rete elettrica tramite regolatori lineari. Anche le apparecchiature IoT possono in buona parte rientrare in questa classe se consideriamo che i moduli ricetrasmettitori Bluetooth e WiFi acquistabili hanno potenza limitata ed hanno ottenuto la certificazione EMC. La cosa importante è utilizzarli secondo le istruzioni del costruttore e non modificarne in alcun modo la sezione RF (in particolare l’antenna). Avvicinando i nostri prototipi a radioricevitori e TV potremo renderci conto grossolanamente della loro compatibilità, almeno nelle bande di frequenza degli apparati usati come “cavie”. La classe a rischio elevato comprende invece tutte le applicazioni alimentate dalla rete elettrica tramite alimentatori switching, in particolare se autocostruiti. Disturbi provenienti dal nostro apparato, se non filtrati correttamente, trovano nei fili dell’impianto elettrico ottime antenne involontarie, con conseguente rischio di disturbare le ricezioni radio-TV nelle vicinanze. Applicazioni digitali ad alto assorbimento (ad esempio impieganti FPGA o microprocessori complessi), circuiti di controllo della potenza elettrica tramite PWM o parzializzazione di fase sono altri casi in cui una buona analisi e progettazione EMC è molto opportuna. Quanto sopra vale soprattutto per l’emissione ma naturalmente ci dobbiamo porre anche il problema dell’immunità. Il primo ambito di cui occuparci in questo caso è l’applicazione stessa, lavorando su quella che viene definita auto-compatibilità. Il meccanismo aggressore-accoppiamento-vittima funziona infatti anche all’interno dei nostri apparati. Un microcontrollore può andare incontro a malfunzionamenti quali reset intempestivi, a causa di interferenze condotte, in particolare su alimentazioni e “massa”, provenienti dal pilotaggio di carichi induttivi quali motori e solenoidi. Misure del segnale proveniente da sensori possono essere alterate e condurre a letture erronee da parte dei convertitori analogico-digitali integrati o meno in microcontrollori. Uno o più bit possono essere alterati sulle linee di comunicazione, iniettando cosi errori nei messaggi scambiati. Rimanendo in ambito hobbistico e maker non c’è bisogno di prove EMC formali. Abbiamo però sempre la responsabilità di evitare interferenze a vicini ed ambiente circostante. Viceversa nel caso di prodotti commercializzati occorre verificare se prove formali siano necessarie, caso per caso. Vediamo quindi che il lavoro in campo EMC non ci manca e cerchiamo di attrezzarci, a partire dalle informazioni sulle possibili contromisure del capitolo seguente.
Contromisure e buone pratiche di Progettazione
Possiamo ora chiederci quali siano le principali precauzioni da prendere per minimizzare le problematiche EMC. L’argomento è talmente vasto e complesso che qui sarà possibile solo fornire un’introduzione ma ci occuperemo dei punti fondamentali. Molti libri e molte risorse in rete sono disponibili per approfondire la materia Compatibilità Elettromagnetica e suggerire le migliori pratiche di progetto. Suggerirei anzitutto il sito seguente, molto ricco di informazioni, ben organizzate in ampie serie di articoli
https://www.nutwooduk.co.uk/keitharmstrong.aspx. L’accesso è libero previa registrazione. Partiamo dall’ormai familiare schema aggressore-accoppiamento-vittima. La prima serie di contromisure punta a rendere meno efficace l’aggressore.
Se consideriamo un circuito chiuso elementare (loop) percorso da corrente variabile, osserviamo che l’intensità del campo emesso varia con il quadrato della frequenza. Da qui nasce la prima regola, limitiamo le frequenze operative al valore minimo indispensabile. Questo si può ben applicare, ad esempio, nella scelta della frequenza fondamentale di clock per un microprocessore. Il classico esempio del termostato per appartamento, ben illustra il concetto. E’ del tutto inutile eseguire un programma a frequenze di decine di MHz, quando si debbano tenere sotto controllo grandezze fisiche che variano su scale temporali di minuti. Lavorare a frequenze inferiori ha anche un benefico effetto sulla riduzione della potenza assorbita nelle tecnologie CMOS, per le quali il consumo è proporzionale alla frequenza di commutazione.
Riprendiamo ora la fig 8 che presenta lo spettro di un segnale ad onda quadra reale, cioè con tempi di commutazione diversi da zero. Questo segnale può rappresentare un tipico clock per microprocessori o circuiti logici. L’estensione della banda di frequenze occupata dipende al semiperiodo, quindi dalla frequenza del segnale, ma soprattutto dai tempi di salita e discesa. Corollario e completamento della regola precedente è quindi la raccomandazione di ridurre i tempi di commutazione al minimo indispensabile ad ottenere una affidabile funzionalità (conservando quindi un certo margine di sicurezza). La cattiva notizia è che controllare in modo accurato i fronti di commutazione è difficile. Tutte le applicazioni digitali sincrone dipendono da fronti ripidi per garantire la corretta trasmissione ed elaborazione delle informazioni in forma di segnali logici (setup ed hold time). Le applicazioni digitali tendono ad essere realizzate come reti sincrone con commutazioni quanto più nette e veloci possibile, in virtù della loro robustezza, affidabilità e testabilità. Qualcosa si può fare giocando sulla scelta della famiglia logica che abbia caratteristiche temporali più vicine alle esigenze funzionali dell’applicazione. Lavorando con tecnologie CMOS, si può a volte trarre profitto dalla dipendenza dei timing dalla tensione di alimentazione, riducendola opportunamente per avere una logica leggermente più lenta. Anche in questo caso, come spesso accade nelle misure prese per garantire il rispetto di Compatibilità Elettromagnetica, abbiamo anche un beneficio sul consumo. Ove non sia possibile agire altrimenti è possibile prevedere, almeno come opzioni, filtri passa basso realizzati con ferriti sul percorso di segnale. Nei casi più semplici, un resistore di piccolo valore è sufficiente a realizzare il filtraggio voluto, agendo come filtro RC insieme alla capacità parassita di connessioni e circuiti di ingresso del ricevitore. Naturalmente in questi casi occorrono una attenta progettazione e verifica al fine di garantire un buon margine di funzionamento, ovvero evitare di filtrare porzioni di segnale utile, pregiudicando la funzionalità del circuito (compromettendone cioè la signal integrity). Nel caso delle interfacce di comunicazione più diffuse (USB, CAN, Ethernet etc) si possono trovare in commercio compatti filtri progettati in modo da attenuare le bande fuori dalla gamma richiesta dallo standard specifico.
Osservando un qualsiasi schema elettrico, possiamo convincerci che nella maggior parte dei casi, progettiamo solo metà del percorso elettrico di ogni segnale sulle nostre schede. Il circuito tra trasmettitore e ricevitore è disegnato mentre l’indispensabile percorso di ritorno è genericamente indicato con il simbolo di massa. Poiché ogni corrente scorre in un loop chiuso e la dimensione fisica del loop è importante ai fini EMC, è invece fondamentale dedicare al percorso di ritorno la stessa cura che riserviamo al percorso di andata. Vediamo in fig. 10 quale sia la distribuzione di corrente ad alta frequenza, associata ad un segnale logico. Ogni discontinuità nel percorso di ritorno costituisce una variazione di impedenza che causa riflessioni di porzioni del segnale verso la sorgente. Queste riflessioni costituiscono segnali indesiderati che vanno ad aumentare la rumorosità elettrica del sistema. Incontrare aperture nei piani di massa implica allungare la lunghezza del loop e quindi dell’antenna potenziale ad esso associata. E’ quindi importante garantire ai segnali ed alimentazioni ad alta frequenza percorsi di ritorno adiacenti, quanto più omogenei possibili. Le raccomandazioni circa l’uso di un piano di massa solido derivano dalle considerazioni sopra svolte. Anche quando non sia possibile, per ragioni di costo o altro, una distribuzione dell’alimentazione con coppie di piani dedicati, la ‘massa’ dovrebbe essere realizzata da un piano con il minimo di aperture possibili, in modo da costituire un ritorno solido per i segnali ed un percorso a bassa impedenza per le alimentazioni.
Un altro punto fondamentale è imparare a riconoscere e rendere inefficaci le antenne involontarie presenti nelle nostre apparecchiature. Un caso molto comune è il dissipatore termico isolato ed interessato da correnti di pilotaggio di motori o altri carichi induttivi, oppure montato su un microprocessore. Anche una daughter-board o un pcb montato su uno chassis senza frequenti connessioni di massa, possono creare antenne involontarie. La presentazione di W. Ott reperibile qui
www.hottconsultants.com/pdf_files/Antennas.pdf
presenta molte di queste situazioni e si rivela preziosa per addestrare l’occhio a riconoscere le antenne più o meno nascoste nel nostro progetto. Ovviamente, come sempre in EMC e con ulteriori complicazioni, l’ispezione andrebbe fatta sugli schemi di montaggio prima di costruire il prototipo e non a posteriori sul sistema realizzato. Come abbiamo già introdotto, l’efficienza di un’antenna nel trasmettere una data frequenza dipende dalle sue dimensioni fisiche e dalla relazione di queste con la lunghezza d’onda del segnale. . Oltre al dipolo, composto da due fili, abbiamo varie altre forme elementari di antenna. Possiamo citare i Monopoli, conduttori filari prossimi a superfici conduttive, Loop, percorsi chiusi non necessariamente di forme regolari. Forse le antenne più inattese e meno intuitive, sono gli Slots, cioè le aperture in superfici metalliche, quali le fessure di aerazione realizzate nelle pareti di un contenitore per apparecchiatura elettrica o elettronica. Queste aperture non andrebbero mai lasciate aperte ma chiuse da reti metalliche con passo minore di un decimo della lunghezza d’onda minima prevista nel sistema (λ/10, altro paradigma fondamentale in EMC). Dalla definizione di antenna elementare, data in precedenza, due conduttori sottoposti a differenza di potenziale RF, deriva anche la regola base per togliere efficacia ad ogni antenna involontaria: mantenere le sue componenti fisiche allo stesso potenziale. In particolare per quanto riguarda ad esempio un dissipatore, questo andrà connesso a massa in molteplici punti con separazione non superiore a λ/10, considerando la massima frequenza armonica prevista. Analoghe considerazioni valgono negli altri casi, si deve sopprimere ogni montaggio asimmetrico, “a sbalzo”, caratterizzato da poche connessioni concentrate che creano quindi superfici non equipotenziali a frequenze elevate. Un modo certamente efficace per impedire l’emissione laterale dai PCB è raffigurato in fig. 11 e consiste nella realizzazione di una sorta di anello di guardia lungo quasi l’intero perimetro. Al fine di evitare la costituzione di una spira chiusa, l’anello dovrebbe avere una breve interruzione. Lo svantaggio evidente risiede nell’aumento delle dimensioni del pcb e relativo costo. Anche in questo caso, è importante che l’anello sia equipotenziale ad alta frequenza, sia cioè frequentemente connesso al piano di massa, almeno ogni λ/10, secondo la solita regola.
Le connessioni esterne, cavi di segnale ed alimentazione, richiedono notevole cura. A causa delle loro lunghezze, i cavi di collegamento rischiano di trasformarsi in antenne involontarie abbastanza efficienti da importare o esportare emissioni. Il rumore presente nell’applicazione agisce da generatore RF che alimenta tali antenne. E’ quindi raccomandabile prevedere un filtraggio della partenza cavi, compatibilmente con la banda passante richiesta per espletare la funzione dei vari segnali. Ferriti attorno al cavo o filtri passanti dovrebbero essere almeno previsti, consentendone l’adozione in sede di prove di compatibilità, senza richiedere modifiche ai pcb o alla meccanica. Questa è la funzione svolta dalle ferriti poste sui cavi di connessione del monitor al computer, ad esempio. Le ferriti sono spesso inglobate in plastica e visibili come rigonfiamenti su cavo. Gli schermi dovrebbero essere privi di interruzioni per essere efficaci, prevenendo vie di fuga per la radiazione elettromagnetica, anche a beneficio di una migliore immunità (vedi fig. 12).
Esistono inoltre precauzioni specifiche da prendere per ridurre Immunità ed autoimmunità. Anzitutto vnno sempre separate le alimentazioni di potenza dalle alimentazioni di controllo. Microcontrollori e motori non devono avere alimentazione comune. Curiamo che i condensatori di decoupling delle alimentazioni siano almeno uguali alle raccomandazioni del costruttore. Ridurre la banda passante degli input digitali in particolare, aiuta anche ad evitare iniezione di disturbi ed errate letture dello stato logico del segnale. Per la stessa ragione non si dovrebbe mai lavorare sui fronti del segnale ma sugli stati, considerare cioè come informazione uno stato stabile e non un cambiamento di stato. Input di reset e interrupt vanno opportunamente protetti e filtrati. Tutti i meccanismi disponibili per il controllo di errore nelle comunicazioni vanno applicati. Bit di parità, checksum, meccanismi di gestione e ritrasmissione di messaggi in cui è rilevato un errore vanno sfruttati per aumentare la robustezza dell’applicazione, lavorando sul software (o firmware più esattamente). Anche le capacità autodiagnostiche rese possibili dalla presenza di CPU vanno implementate. La memoria programma non usata va riempita con istruzioni di salto a routine di recupero da errore (o reset, nei casi più semplici). Tempo di elaborazione va riservato al calcolo e verifica del checksum della memoria programma, in modo da rilevare eventuali alterazioni di questa risorsa critica prima che possano causare danni. Infine il circuito watchdog, possibilmente esterno al microcontrollore, va sempre utilizzato nelle applicazioni microinformatiche. Nella sua forma più semplice è costituito da un contatore periodicamente ricaricato al suo valore massimo e decrementato da hardware dedicato ad intervalli regolari. Se il contatore arriva a zero viene generato un reset per il micro, permettenfo di riguadagnare il controllo dell’applicazione, eventualmente perso in seguito a disturbi in grado di corrompere l’esecuzione del codice. Se tutto funziona correttamente invece, il programma applicativo “rinfresca” il contatore abbastanza spesso da impedirgli di arrivare a zero. Se invece l’esecuzione del programma e-è disturbata, si arriva alla generazione del reset. E’ fondamentale che sia il software ad eseguire il rinfresco e non meccanismi hardware come interrupt legati ad un timer in quanto questi potrebbero funzionare anche in presenza di software fuori controllo. Watchdog sono disponibili normalmente come periferiche interne ai microcontrollori moderni ma anche come circuiti integrati indipendenti.
Conclusioni
Abbiamo fatto un viaggio, certamente solo limitato alle tappe fondamentali, nel mondo EMC ed abbiamo discusso alcune implicazioni per i Makers. Per approfondire ulteriormente occorre definire bene di cosa ci si vuole occupare e cercare di capire il livello di know-how di cui si avrà bisogno. Oltre alle risorse web citate nel testo, una buona introduzione generale, senza alcuna complicazione matematica e molto discorsiva, è rappresentata dal libro “Electromagnetics Explained” di Ron Schmitt. Se lavorate principalmente su boards e circuiti stampati, il suggerimento è “PCB Design for Real World EMI Control” di Bruce Archambeault. Se ritenete invece di aver bisogno di un testo completo ma chiaro e rigoroso sia per boards che sistemi, tale da costituire un riferimento nel futuro, si segnala il testo “Electromagnetic Compatibility Engineering” di William Ott, riedizione riveduta ed espansa del classico “Noise Reduction Techniques in Electronic Systems”. Qualora invece una solida ed approfondita conoscenza dell’argomento, in tutti i suoi aspetti, diventi desiderabile, si impone un testo per corsi universitari quale il classico “Introduction to Electromagnetic Compatibility” di C. Paul (seconda edizione), con le inevitabili complicazioni. La frequenza a corsi è consigliabile per trarre beneficio dall’interazione con l’insegnante. Vari corsi si possono trovare online, alcuni anche frequentabili da remoto, quasi sempre in lingua inglese. Interessanti sono i corsi, in italiano, organizzati dal Comitato Elettrotecnico Italiano, vedere per l’anno 2021 https://mycorsi.ceinorme.it/categoria/10
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